5 profili, 5 percorsi che hanno in comune una meta e una data, Tokyo 23 luglio 2021.
5 storie da conoscere per scoprire quante cose ci possono essere dietro ad una qualifica olimpica, dietro ad un’aspirazione di medaglia. Chi sente addosso la pressione della stampa, ed è chiamato a ripetersi e obbligato al successo, per una gioia che, se raggiunta tende poi a trasformarsi in sollievo. Chi non ha nulla da perdere e per questo potrebbe anche vincere. Chi ha già raggiunto il suo obiettivo, e vista l’impresa compiuta si trova a poter sognare ancora più in grande. Chi vive seconde giovinezze, chi maturità precoci.
I 5 nuotatori che vale la pena scoprire come sono arrivati ai Giochi Olimpici di Tokyo.
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Frederike Johanna Maria (per tutti Femke) Heemskerk, compirà 34 anni un mese, o poco più, dopo aver disputato la sua 4° edizione dei Giochi Olimpici. Una carriera iniziata nel 2008 e bagnata subito dal metallo più pregiato. All’età di 21 anni, insieme ad altre 3 fuoriclasse (Ranomi Kromowidjojo, Marlene Veldhuis e Inge Dekker) Femke ha portato un Paese di appena 41’500 km quadrati, per intenderci quanto la nostra vicina Svizzera, sul gradino più alto del podio ai Giochi di Pechino 2008, nella 4×100 stile davanti alle super potenze USA e Australia.
Un oro olimpico è un oro olimpico, fine della storia. Così com è altrettanto inestimabile il valore di qualunque medaglia, che sia stata vinta ad un mondiale o ad un campionato continentale. E Femke, dal 2008 in avanti, nel corso della sua carriera di medaglie preziose ne ha collezionate moltissime.
Esiste però anche un grande “MA”, che arriva spontaneo e inarrestabile, come una spada di Damocle penzolante sulla nuca di quella che è una grandissima interprete del nostro sport, amata e rispettata da chiunque abbia avuto il piacere di incontrarla sul bordo vasca, dove non ha mai negato un sorriso che fosse uno. A nessuno.
Un “ma”, dicevamo, esiste lo stesso, perché la stragrande maggioranza delle sopracitate medaglie raccolte dall’olandese sono arrivate, proprio come nell’impresa del 2008, dalle staffette, soprattutto quelle d’oro.
Nulla di male, ma chi ha seguito l’evoluzione di Femke nel corso degli anni, è spesso rimasto con un pizzico di amaro in bocca quando, più di qualche volta, si è presentata ai blocchi di partenza da favorita per la vittoria e poi è mancata proprio nel momento dell’acuto più atteso, quello della gara individuale. Cambiando distanza, spaziando dai 50 ai 200, e cambiando avversarie, soprattutto in campo europeo, dal 2010 al 2019 le medaglie d’argento individuali in vasca lunga di Femke sono state ben 4, e quelle di bronzo 3. Ma nessun oro.
Un calcio alla cabala, una maledizione che la stessa Femke ha più volte provato ad esorcizzare. Come nel 2016 quando, dopo aver dominato i primi 2 turni di gare e per oltre 190 metri durante la finale europea, si è arresa a Federica Pellegrini per solo 4 centesimi, crollando sul finale, sotto il peso, forse, della sua stessa paura di vincere, di essere non solo grande. Ma la migliore.
Eterna seconda, una personalità per la quale viene spontaneo fare il tifo, una grande campionessa a cui manca il giorno di gloria, e che finora è riuscita ad ascoltare Het Wilhelmus (l’inno dei Paesi Bassi) solo e soltanto condividendo il podio con altre 3 connazionali.
E questo sarebbe stato probabilmente il viaggio di Femke Heemskerk anche verso Tokyo 2020, se i Giochi di Tokyo, si fossero realmente svolti nel 2020.
Ma la storia la conosciamo e ogni cambiamento è anche un’opportunità, a saperla cogliere.
All’alba del 2021 Femke Heemskerk sembra essere finalmente riuscita a scrollarsi di dosso la scimmia che le impediva di esprimersi al massimo delle proprie, straordinarie, qualità e dopo non poche peripezie legate alla positività da COVID-19 (sua e poi del marito), si è presentata ai Campionati Europei di Budapest, più agguerrita di quanto l’avessimo mai vista e forte di una nuova, raggiunta, serenità.
Dopo 23 medaglie internazionali in vasca lunga, è arrivato per Femke anche il primo oro individuale, in quella che il mondo del nuoto definisce la gara regina, i 100 stile libero. Si direbbe quasi una consacrazione, anche se la pluri-campionessa olandese non ne ha certo bisogno. Allora una liberazione, forse. Di sicuro una grande iniezione di fiducia in vista dei Giochi che potrebbero, sfatata ogni maledizione, essere i suoi.
Giochi Olimpici dove arriverà consapevole di avere più chilometri sulle spalle rispetto a tutte le avversarie, che saranno giovani e arrembanti, ma altrettanto consapevole che ora vincere non è più un tabù e che i 34 anni possono essere l’età perfetta per vivere una nuova “prima volta”.