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5 Viaggi Verso Le Paralimpiadi: Il ballo della vita di Alexa Leary

17 Luglio del 2021 tra i telegiornali australiani girava la notizia di una triatleta di 19 anni, che durante un allenamento di bici era caduta, ed era stata ricoverata all’Ospedale di Brisbane. I notiziari riportavano condizioni critiche e speranze di sopravvivenza molto scarse.

Il nome di quella ragazza era, anzi è, Alexa Leary.

E tra dieci giorni la vedrete sui blocchi di partenza della Defense Arena di Parigi

LEX

Alexa, Lex per gli amici, è una ragazza positiva e piena di vita. La sua personalità dopo l’incidente è cambiata drasticamente, dicono, ma queste caratteristiche sono rimaste intatte.

Fino da piccola infatti, forse anche a causa della sua ADHD, come ella stessa racconta, ha il desiderio di fare tutto: nuotare, correre, andare in bici, giocare a pallanuoto, a basket, ballare. I suoi genitori vanno in bici e lei ama l’acqua e muoversi. Quale sport migliore del triathlon dunque?

Il suo sogno è quello di qualificarsi per le Olimpiadi, e inizia ad allenarsi duramente per raggiungere l’obiettivo. Nel 2019 conquista anche un argento in una gara Internazionale Junior di Losanna.

Il 17 Luglio del 2021 prende la bici e si unisce al suo gruppo di allenamento per un’uscita lunga vicino a Pomona, nella Sunshine Coast.

“Finalmente son riuscita a stare dietro al gruppo di quelli forti!” ricordano i genitori delle sue parole durante una pausa-acqua.

Dopo 80km però c’è una grande discesa, e come racconta sorridendo Alexa “Io ciucciavo un sacco la ruota”. In termini formali, i triathleti usano restare a minima distanza dalla bici davanti, in modo da prendere più scia possibile.

Quel giorno però l’australiana si è avvicinata troppo, finendo per urtare la ruota e cadere rovinosamente di testa. Andavano ai 70km/h.

La scena era terribile. Il padre, che stava pedalando,dietro al gruppo principale dice che c’era sangue ovunque. Oltre alla testa, Leary aveva rotto la scapola sinistra, alcune costole e un polmone era collassato.

Alexa non respira.

3 MIRACOLI E MEZZO

Nella stessa giornata, nello stesso momento dell’incidente, su quella stessa strada, un dottore australiano sta camminando sul ciglio della strada. L’uomo vede tutto e soccorre subito Alexa, ponendola in una posizione di sicurezza, in modo tale che lei riesca a respirare.

Alexa respira a malapena.

Lungo quella strada però non c’è connessione. Niente linea. Nessuna possibiltà di chiamare soccorsi.

Ma quello stesso giorno, in quella stessa ora, lungo quella stessa strada, una macchina passa, vede tutto, guida per 10km alla ricerca di linea, e chiama un’ambulanza.

Si sa però, quanto i secondi contino in questi casi, e quanto l’attessa per il mezzo sarebbe potuta essere fatale.

Ma in quello stesso giorno, in quella stessa fascia oraria, proprio dietro l’angolo della strada, c’era parcheggiata un’ambulanza. Il paramedico capisce subito le indicazioni e arriva immediatamente sul loco.

Se non fosse stato per queste tre coincidenze, Alexa Leary non ce l’avrebbe mai fatta.

La ragazza viene allora portata all’ospedale della Sunshine Coast, dove i medici affermano di non poter fare niente, e la fanno trasportare con un elicottero all’ospedale di Brisbane.

“Dicevano che non sarei riuscita a concludere il volo. E invece ops, ce l’ho fatta, oh sì”

racconta piena di entusiasmo Alexa.

L’allora 19enne aveva una pietra incastrata nella mano, coaguli sanguigni, un polmone collassato, diverse fratture e un trauma cranico. Si muore facilmente per gli emboli, ma sono spariti all’improvviso. I dottori non ci credevano.

Tuttavia per due settimane la ragazza di Noosa non respira indipendentemente.

I neurochirurghi decidono infine di provare a staccare i macchinari che la aiutano, ma non c’è niente da fare. Alexa non respira da sola.

I genitori vengono invitati così a dare un ultimo saluto alla loro bambina, perchè il giorno dopo i macchinari sarebbero stati spenti del tutto. Per altre nove volte, in seguito ai nove interventi, i parenti le avevano già preventivamente dato un bacio di addio.

I macchinari vengono spenti.

Eppure avviene un’altra sorta di miracolo: Alexa respira.

“Non sto morendo, oh sì”

Scherza ancora durante il suo racconto la nuotatrice che ora ha 22 anni.

CE L’HO, CE LA POSSO FARE.

Dopo aver imparato a respirare di nuovo, Alexa deve reimparare a fare tante altre cose: camminare, parlare, e anche controllare le emozioni.

I dottori, basandosi sul fatto che la ragazza della Sunshine Coast non fosse in grado di reggersi sulle proprie gambe per 5 mesi dopo il risveglio, non credevano che ce l’avrebbe fatta.

Eppure, Ce l’ho, ce l’ho fatta” esclama Alexa.

I danni al cervello causati dall’incidente però, hanno portato non solo conseguenze evidenti all’occhio, ma anche più profonde.

Gli amici della nuotatrice affermano che è una persona molto diversa da quella che era prima. E come Alexa racconta, non tutti sono stati in grado di accettarlo.

Riportando ciò che le hanno comunicato i suoi neurochirurghi, Leary dice anche di non ricordare niente dei tre anni precedenti al giorno nefasto. Amici conosciuti un solo anno prima, le appaiono come perfetti sconosciuti.

Non solo, una grande difficoltà che deve affrontare l’australiana riguarda il riconoscimento delle emozioni. Alexa è seguita da un coach comportamentale che la aiuta a fare pratica nel riconoscere come reagire ad alcune situazioni che coinvolgono altre persone.

Tuttavia è positiva, come è sempre stata, ed è soddisfatta e fiduciosa dei passi che sta compiendo.

“La vita è una, e devi scegliere la migliore possibile”

IO ANDRÒ ALLE OLIMPIADI

Il primo degli obiettivi che si pone Alexa Leary è quello di guidare. Guidare? Chiederete. Da fuori di testa anche solo pensarlo. Questo era ineffetti il pensiero dei dottori che le vietano severamente di provarci.

Siamo nel 2022 ormai, e Alexa procede a ignorare i medici e pregare i suoi fratelli di accompagnarla a fare una prova. Abbiamo imparato che quando Alexa Leary si mette in testa qualcosa, lei ce la farà. E così fu.

La vent’enne guida ed è anche brava! I fratelli le fanno un video, facendole giurare di non mostrarlo al padre, che si sarebbe arrabbiato con loro.

Alexa procede a mostrarlo fiera, e ovviamente il padre va su tutte le furie. Tuttavia, racconta, è a casa di alcuni amici quando proprio il suo papà citofona per portarla ad allenamento, ma è sorprendentemente seduto sul lato sinistro della macchina. Siamo in Australia, dunque il guidatore si siede sul lato destro.

“Ora ti porti da sola ad allenamento”.

“Uno dei giorni più belli della mia vita” dirà poi Alexa, che dopo quel giorno è riuscita a convincere i medici a permetterle di prendere nuovamente la patente (sebbene debba essere testata ogni semestre).

“Ma vabene così, ho avuto un danno traumatico al cervello, sai?” chiede ironicamente.

Un danno che non le ha permesso di mettere da parte i suoi sogni. Voleva andare alle Olimpiadi, e ci andrà. Non come triatleta, ma Alexa Leary andrà a Parigi.

Durante i Trials olimpici e paralimpici australiani di Giugno, la 22enne ha vinto i 50 e i 100 stile libero S9, portando i selezionatori del Team oro-verde a sceglierla per rappresentare l’Australia a Parigi. Nella Defense Arena Alexa nuoterà anche nelle due staffette da 34 punti massimi (punteggio che si ottiene sommando le diverse categorie della formazione).

“Ho incasinato di brutto il mio cervello”

Dice la nuotatrice commentando il fatto che ora non riesce a smettere di ballare e di ascoltare musica. Ha addirittura iniziato a fare la Dj a casa e pianifica di condividere le sue hit su Soundcloud.

Alexa Leary però ha le idee molto chiare sulla sua carriera: vuole tornare da Parigi con la medaglia d’oro.

“I got it, ce l’ho”

E se lo dice lei, a noi non resta che goderci la meta del suo lungo viaggio, il passo migliore del ballo della sua vita.

 

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About Braden Keith

Braden Keith

Braden Keith is the Editor-in-Chief and a co-founder/co-owner of SwimSwam.com. He first got his feet wet by building The Swimmers' Circle beginning in January 2010, and now comes to SwimSwam to use that experience and help build a new leader in the sport of swimming. Aside from his life on the InterWet, …

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