Il Tribunale Arbitrale per lo Sport (CAS) ha accolto gli appelli di 27 atleti russi accusati di violazioni delle norme anti-doping.
Altri dodici appelli sono stati accolti parzialmente.
IL CASO
Gli atleti coinvolti erano impegnati nelle Olimpiadi invernali del 2014. Gli atleti erano inseriti nel programma anti-doping sponsorizzato dalla stessa Russia. Emerse nel corso delle indagini che i campioni di urina utilizzati per i test erano stati manomessi e scambiati al fine di coprire gli atleti.
Dopo la sospensione, la maggior parte degli atleti propose ricorso in appello. In 27 casi, il CAS ha riscontrato che “le prove raccolte non erano sufficienti per stabilire l’esistenza di una violazione del regolamento antidoping”. Di conseguenza, gli appelli sono stati accolti.
Il CIO ha dunque ripristinato i risultati riguardanti le Olimpiadi invernali di Sochi 2014.
In altri 29 casi, il CAS ha rilevato che non vi erano prove sufficienti per stabilire “una manipolazione dei campioni di urina”. In questi casi ha accolto parzialmente i ricorsi, stabilendo la sola sospensione dalle Olimpiadi invernali 2018 di Pyeonchang.
Secondo il CAS le prove contro gli atleti in questione dovevano non solo stabilire che la Russia aveva in atto un programma di scambio di campioni, ma dimostrare anche il coinvolgimento “personale” e “consapevole” dell’atleta.
Ciò significa che al fine di comminare la sanzione, doveva essere dimostrata la coscienza dell’illecito da parte dell’atleta.
Il CAS ha rilasciato le copie delle due sentenze. Accoglimento di 27 ricorsi e parziale accoglimento di altri 12.
Di seguito i documenti completi (in inglese)