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La Nuova Generazione Ci Insegna Che Per Essere Felici Non Bisogna Per Forza Vincere

La fiamma olimpica si è spenta ieri sera a Parigi, e a compiere questo simbolico gesto è stato l’uomo che, nelle ultime due settimane, ha saputo incarnare l’essenza dell’eroe nazionale: Leon Marchand. In questi Giochi Olimpici, Marchand ha realizzato ciò che pochi riescono anche solo a sognare, diventando il simbolo dell’atleta vincente, il campione capace di trionfare due volte in una sola serata, portando a casa ben quattro medaglie d’oro e stabilendo altrettanti record olimpici.

Eppure, se ci limitiamo a guardare i numeri, queste Olimpiadi non si differenziano dalle altre: per ogni atleta che conquista l’oro, ce ne sono decine che non salgono sul podio.

Ma il vero insegnamento che emerge da queste giornate parigine non è tanto il trito e ritrito motto “l’importante non è vincere, ma partecipare”, quanto piuttosto il valore di partecipare con spirito vincente. Partecipare, cioè, con la consapevolezza di aver fatto di tutto per essere lì, di aver consacrato la propria esistenza all’ideale olimpico, di aver vissuto ogni allenamento come un gradino verso la gloria. La vera vittoria è stata conquistata molto prima di Parigi, nei giorni in cui ogni atleta si è svegliato all’alba per andare in palestra, in piscina o su una pista, mettendo ogni fibra del proprio essere al servizio di un sogno. E questa vittoria, che si celebra lontano dai riflettori, è ciò che accomuna tutti i diecimila atleti che hanno preso parte a questi Giochi.

Per decenni ci è stato inculcato che “DEVI vincere”, che “DEVI sfruttare il tuo talento”, che “se non vinci, sei un fallito”. Questo imperativo categorico ha permeato ogni aspetto della nostra vita, dalla ricerca del voto perfetto a scuola, fino all’ossessione di dover raggiungere traguardi prestabiliti entro scadenze imposte dalla società.

Ma poi è arrivata una nuova generazione, quella di campioni come Caeleb Dressel e Simone Biles, che hanno avuto il coraggio di mostrarsi vulnerabili, di rivelare la cruda realtà che si cela dietro l’oro luccicante: ombre, peso, sacrifici. Questi atleti ci hanno costretto a guardare oltre l’apparenza, a riconoscere l’umanità che si cela dietro il campione, a comprendere l’importanza della salute mentale, della necessità di fermarsi e della gioia che si può trovare nella vita oltre la competizione.

Hanno girato le loro medaglie d’oro per mostrarci il loro peso, le ombre che proiettano.

Il vero traguardo, dunque, non è vincere, ma essere felici.

Come possiamo trasformare una mentalità così radicata, che ci ha insegnato che “se non puoi vincere, non giocare affatto”? Forse, imparando a guardare le Olimpiadi non con gli occhi del tifoso della domenica, ma con il cuore di chi vede lo sport come un compagno di vita, non come un’arma per combattere una guerra.

Benedetta Pilato, Francesca Fangio, Simona Quadarella, Chiara Pellacani, Domenico Acerenza, Massimo Stano, Stefano Sottile, Filippo Tortu, Marcel Jacobs: cosa hanno in comune? Sono tutti arrivati quarti, a un passo dal podio olimpico, dalla consacrazione sportiva, da quel riconoscimento che avrebbe riempito le pagine dei giornali il giorno dopo.

Ma condividono anche qualcos’altro: il sorriso nelle interviste post-gara, la soddisfazione di aver onorato il sogno olimpico che li ha accompagnati negli ultimi anni; la gioia pura, vera, sincera, di aver raggiunto il luogo dove lo sport si esprime nella sua forma più alta e di esserci arrivati senza scorciatoie, senza rimorsi, senza rimpianti.

Hanno vinto? No, non nel senso tradizionale del termine. Ma sono vincenti? Assolutamente sì.

Hanno sconfitto una mentalità che misura il valore solo con il successo, che considera fallito chi non arriva primo.

Hanno vinto contro i loro demoni, contro chi, comodamente seduto sul divano di casa, crede di sapere cosa significhi essere un campione.

A loro, ai quarti posti e a tutti coloro che hanno gareggiato a Parigi, va il merito di aver ispirato un bambino o una bambina, di avergli mostrato che lo sport è una via per migliorarsi, per vivere ricordi indimenticabili, e che la felicità non si trova sul gradino più alto del podio, ma nella magia che nasce quando il tuo talento si fonde con la tua dedizione.

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About Braden Keith

Braden Keith

Braden Keith is the Editor-in-Chief and a co-founder/co-owner of SwimSwam.com. He first got his feet wet by building The Swimmers' Circle beginning in January 2010, and now comes to SwimSwam to use that experience and help build a new leader in the sport of swimming. Aside from his life on the InterWet, …

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