Per prepararci alle Paralimpiadi di Parigi, racconteremo 5 storie, 5 viaggi verso la Defense Arena di 5 atleti speciali.
Nel primo episodio abbiamo raccontato il viaggio di Alexa Leary: il suo ballo della vita.
Nel secondo articolo il viaggio di Ali Truwit e della sua amica-nemica acqua.
Mohammad Abbas Karimi è sempre stato un bambino vivace. Nato in Afghanistan e da pochi anni cittadino statunitense, ha trovato nel nuoto una fonte di salvezza. Prima l’ha salvato dal suo carattere difficile, poi dalla guerra, fino a portarlo negli Stati Uniti, poi a Tokyo e infine regalandogli il sogno di competere per una nazione intera, rincorrendo una medaglia alle prossime Paralimpiadi di Parigi.
NUOTARE MI HA SALVATO DAL DIVENTARE VIOLENTO
Nel 1997 in Afghanistan nasce un bambino di nome Abbas Karimi. Il futuro nuotatore nasce però senza braccia. Nel suo paese chi nasce disabile è considerato senza speranze. Anche per la sua famiglia non è facile, tanto che nella loro casa si sentono domande come “Lo cresceremo o lo lasceremo da qualche parte?”
Per fortuna, nella sua famiglia l’ultimo ad avere la parola è il padre. Egli considerando quest’evento come una sorta di prova mandata da Dio, decide di prendersi cura di Abbas.
Crescere senza braccia in Afghanistan però non è una passeggiata. Abbas è somemrso dagli insulti e dai bulli, e la sua infanzia trascorre accumulando molta rabbia. Il ragazzo è convinto che Dio abbia preso le sue braccia per potergli dare in cambio tutta la sua forza, l’abilità, il cervello e il suo cuore. Tuttavia, la rabbia permane e Abbas tenta di sfogarla con ogni sorta di sport. Muay Thai, calcio, corsa, kickboxe. Specialmente quest’ultima diventa un’arma importante per la sua difesa personale e causa parecchi nasi sanguinanti. La frustrazione che risiedeva dentro a quel bambino di 12 anni sta improvvisamente esplodendo.
Così suo fratello insieme ad alcuni amici costruiscono una piscina comunitaria da 25 metri e Karimi viene letteralmente buttato dentro con un giubbotto di salvataggio. Giorno dopo giorno il ragazzo si reca in piscina e impara a nuotare. Nuota e nuota.
“Nuotare mi ha salvato la vita. Senza sarei diventato molto violento.”
Abbas Karimi si è costruito il suo personale scudo, pronto a proteggerlo dagli altri e da se stessi: il nuoto.
NUOTARE MI HA SALVATO DALLA GUERRA
Un giorno uno dei bagnini della piscina, nonché allenatore di nuoto, vede nuotare Abbas e gli regala qualche consiglio su come nuotare a rana e a dorso. L’allenatore inizia a seguirlo e a insegnargli la tecnica, credendo fermamente che sarebbe riuscito a tirare fuori da lui un vero campione.
Con il suo incoraggiamento e quello dei suoi amici, Karimi partecipa alla sua prima gara.
Suo padre però non crede che ci sia futuro per un nuotatore in un paese devastato dalla guerra, e vuole che segua una carriera religiosa in moschea. La sua famiglia inoltre vuole che Karimi si sposi così da avere qualcuno che si prenda cura di lui. Ma il ragazzo ha cose più importanti da fare che sposarsi. Abbas Karimi deve ancora realizzare le sue magie.
I suoi parenti però non hanno tutti i torti. La sua tribù, gli Hazara, sono spesso uccisi dai Talebani. Karimi non è il tipo di ragazzino che rimane in casa, quindi a Kabul è effettivamente in pericolo .
Quando dunque vince la sua prima gara e si laurea campione nazionale di fronte a tutti i suoi affetti, il nuotatore realizza che sarebbe diventato un grande campione. Ma non sarebbe successo in Afghanistan.
Così il fratello lo aiuta a salire su un aereo, che lo porta dall’Iran in Turchia, passando attraverso i monti Zagros contro un clima estremo. Prima nel retro di un camion, poi a piedi, Karimi valica il confine dell’Iran e finalmente raggiunge la Turchia.
Qui vive in quattro diversi campi per rifugiati, pregando chiunque vedesse arrivare correndo di farlo nuotare.
Dal secondo campo il ragazzo riesce a ricominciare a nuotare in una piscina di nuovo. In Turchia vince 15 medaglie, tra cui due titoli nazionali.
NUOTARE MI HA SALVATO DANDOMI UN LAVORO
Tuttavia Karimi non può testare il suo talento in campo internazionale, perché non ha i documenti opportuni. A settembre 2015 un suo post su Facebook viene letto da Mike Ives, un allenatore di wrestling negli Stati Uniti che si offre di aiutare il nuotatore.
Ives lavora con la commissione per i rifugiati delle Nazioni Unite e accompagna Karimi attraverso l’iter buroratico necessario per fargli avere la documentazione giusta e portarlo a Portland.
Nel 2016 così l’atleta afghano si trasferisce in America.
Qui, racconta, nessuno sa chi è. È un campione nazionale in Afghanistan e in Turchia, ma in America deve guadagnarsi un nome.
Detto fatto. L’anno seguente partecipa ai suoi primi Campionati del Mondo in Messico, dove rappresenta il team dei rifugiati. Karimi vince un argento nei 50 farfalla S5 e diventa il primo rifugiato al mondo a vincere una medaglia ai campionati mondiali.
Nel 2020 l’allora 24enne afghano viene inserito nella lista dei selezionati per il Team Paralimpico dei rifugiati. Karimi è uno dei portabandiera alle Paralimpiadi di Tokyo e nuota i 50 farfalla e i 50 dorso. La prima gara non va come previsto e il nuotatore non reagisce nel migliore dei modi. Karimi si considera un delfinista nato, dunque la frustrazione è alta per aver mancato il suo obiettivo agonistico, e il giorno dopo, nei 50 dorso, le emozioni negative lo portano ancora una volta fuori strada.
NUOTARE MI HA SALVATO DALL’ESSERE SENZA PATRIA
Quando la pandemia è arrivata in america, le piscine in Oregon hanno iniziato a chiudere.
Con la possibilità che le Paralimpiadi di Tokyo venissero di nuovo rinviate, Karimi inizia a fare la richiesta per diventare un cittadino americano, per poter, nel caso, rappresentare la nazione che l’aveva accolto.
Nel frattempo l’allenatore di Abbas lo conduce al Swim Fort Lauderdale Masters Swim Team, una squadra di circa 200 nuotatori e gli parla di Marty Hendrick, l’allenatore della squadra, che prende sotto la sua ala il ragazzo diventando una sorta di maestro di vita per lui.
Qui Abbas si allena tutti i giorni, non solo in acqua, ma anche fuori. Spesso va a correre, preservando la sua passione per tutti gli sport, e allena molto gli addominali. Abbas Karimi infatti è uno specialista della farfalla, e non tutti forse sanno che la farfalla si nuota più con gli addominali che con le braccia.
In America Abbas si sente a casa. L’inglese era l’unica materia che lo interessasse già in Afghanistan dunque non ha problemi con la lingua, e inoltre il legame tra nuotatori va oltre le barriere culturali. Quando si tratta di nebbia negli occhialini e di lamentele sulla quantità si soglia fatta in settimana, si diventa subito amici.
Così arriviamo ad Aprile 2022: Abbas Karimi è ufficialmente un cittadino statunitense.
E due soli mesi dopo è già in acqua per difendere il nome della sua nuova patria. Ai camponati del mondo del 2022 finisce a un passo dal podio nei 50 dorso e farfalla, ma vince insieme alla staffetta 4×50 mista (20 punti) il suo primo titolo mondiale, stabilendo anche il nuovo record del mondo in 2:32.49.
NUOTARE MI HA SALVATO CON UN SOGNO
Finora abbiamo visto come nuotare abbia salvato più voltela vita di Karimi, ma quest’ anno il nuoto è riuscito a regalargli ancora un altro sogno.
Giugno 2024, a Minneapolis si svolgono I Trials olimpici statunitensi: in palio il sogno di rappresentare gli Stati Uniti alle Paralimpiadi di Parigi.
Abbas Karimi è uno dei nuotatori che insegue questo sogno. Alle Paralimpiadi di Tokyo non rappresentava una nazione come gli USA. Ora la competizione iniziava già in casa.
La notte prima dei Trails il 27enne riesce a malapena a dormire. A differenza di Tokyo però, ora Abbas è in grado di controllare le sue emozioni e di concentrarsi sulla sua gara.
A posto, via. Il 27 Giugno le gare iniziano e Karimi si qualifica per le finali dei suoi tre eventi: 50 farfalla, 50 dorso e 50 stile libero S5.
Qualche giorno dopo la selezione del Team paralimpico statunitense è completata: Abbas Karimi sarà uno dei 33 nuotatori in spedizione a Parigi.
Tra pochi giorni Abbas rappresentà un grande paese, è un nuotare migliore, un nuotatore più veloce, e ha il supporto di un’intera squadra.
Avvicinandosi al sogno il suo coach Hendrick dice del suo beniamino:
“Tutti abbiamo le nostre sfide. Ognuno è costruito diversamente. Le sue sfide sono evidenti certo, ma la vita va avanti. Lui è la definizione di campione vero.”
Abbas Karimi è pronto a realizzare il suo sogno, nonostante sia già considerato da molti, grazie al nuoto e a se stesso, un campione vero.
NUOTARE GLI HA SALVATO LA VITA