Martina Caramignoli conosce i muri. Li vede. A volte ci parla.
Il Tempo è un muro, davanti al quale ti senti piccolo, fino a quando ti ci aggrappi così forte che riesci a vedere cosa c’è dall’altra parte.
Il muro. La vita di un nuotatore è fatta anche di muri. Forse soprattutto di quelli.
La virata è un muro. La piastra contro la quale batti le mani alla fine della tua gara è un muro. Il tempo è un muro. E’ una parete costruita da te stesso. La vedi ovunque. Quando la sera vai a dormire hai solo l’impressione che riposandoti alzi gli occhi verso il soffitto, perchè anche quello ti ricorda che il giorno dopo dovrai grattare ancora ancora contro un mattone per vedere se al di là c’è veramente la luce o soltanto un’altra parete, ancora più alta e più spessa.
Ero sola.
Era un giorno buio come tanti.
Una settimana, un mese, una stagione.
Quando ti trovi al buio cerchi disperatamente qualcosa o qualcuno che ti accenda una luce, che ti mostri una strada per tornare non a vincere, quello non era nemmeno nei miei pensieri, ma semplicemente per ritrovare la strada, la tua strada.
Durante un blackout ci si aggrappa ai propri punti di riferimento. Li abbiamo tutti. Se siamo in un posto a noi familiare, anche se vaghiamo al buio, sappiano a cosa tenerci per non cadere. Martina si è aggrappata a l’unica cosa che la faceva sentire al sicuro: il nuoto.
Dal 2018 sono tornata a casa forse cinque volte. Era necessario per me resettare tutto, fare qualcosa di diverso, ritrovarmi in acqua, ritrovare la gioia di sentirmi sfinita in allenamento e tranquilla in gara.
Qualcuno li chiama sacrifici, io preferisco definirle “scelte”.
Ho scelto questo sport e ad un certo punto ho capito che anche il nuoto aveva scelto me, che eravamo tornati amici, confidenti, che stavamo di nuovo bene insieme. Quando ritrovi il rapporto speciale che avevi con l’acqua tutto assume una luce diversa. Anche le scelte più dure hanno un sapore diverso ed un nuovo significato.
E quei muri? Quelle pareti così destabilizzanti che un nuotatore si trova davanti agli occhi? 16 minuti. Cosa riuscireste a fare in 16 minuti? In poco più di un quarto d’ora sono racchiusi mesi di allenamenti, di lacrime, di domande che spesso non hanno risposta. La aspettano una risposta.
Si tocca la piastra e puoi avere un’idea di quello che hai prodotto.
Hai un centesimo di secondo per voltarti e guardare il responso del tabellone.
Si rimane in quell’attimo che tu senti stia durando un’eternità. Intorno a te può esserci il mondo ad urlare oppure il silenzio più assordante che un essere umano possa immaginare. Semplicemente non te ne accorgi.
E’ come stare ancora in acqua, prima che la realtà si presenti con il suo fragore, e capisci realmente che stai guardando al di là del muro.