Parlare di prestazioni con nostro figlio è una faccenda delicata, soprattutto quando non sta riuscendo ad esprimersi al meglio.
Quando tutto va bene è facile essere i primi supporters.
Ma, quando le cose non stanno andando bene, dovremmo parlare di prestazioni con loro?
Quando lo facciamo, spesso i nostri figli si mettono sulla difensiva, sembra che non diciamo mai la cosa giusta.
L’esperto di sport e genitorialità David Benzel ha affrontato questo tema nel libro “Growing Champions for Life” ed in un webinar intitolato “Come discutere di prestazioni con il bambino e rimanere amici”.
Egli ha dato buoni consigli su quando e come parlare di prestazioni e dei diversi ruoli dei genitori e allenatori.
Gli allenatori parlano degli aspetti tecnici di una performance in modo che gli atleti possano migliorare. Ma anche i genitori hanno un ruolo molto importante, che è quello di mentore.
Ecco come ha descritto il ruolo di allenatore e mentore:
Coaching:
- Instruire
- Ispirare
- Analisi
- Autorità
- Organizzazione
- Incoraggiamento.
Mentoring:
- Supporto
- Esempio
- Compassionevole
- Autorevole
- Empatico
- Amorevole.
Nei due lavori ci saranno sovrapposizioni. Ma secondo Benzel, quando i genitori indossano il cappello del coaching, essi finiscono per confondere i loro figli.
Se i genitori agiscono come allenatori, i bambini saranno più vulnerabili poichè:
1. Saranno delusi ogni volta che non arrivano primi.
2. Le nostre risposte verranno viste come critiche.
3. La difesa è l’unica posizione che lasciamo, poiché siamo noi ad attaccare.
4. Il bambino concluderà con: “Non sarò mai abbastanza bravo da soddisfare i miei genitori”
Sono sicura che non è così che vogliamo che i nostri figli si sentano.
Il nostro lavoro di mentore non è insegnare ai nostri figli come si esegue una virata o come si spinge con le gambe.
A quello ci penserà l’allenatore.
Noi siamo responsabili dell’autostima, della fiducia in se stessi, dell”autocontrollo dei nostri figli. Dobbiamo insegnare loro la generosità, il sacrificio, la pazienza, la responsabilità personale. Infondere grinta, ottimismo, accompagnarli nella gestione delle emozioni, aiutarli a superare un umiliazione.
Benzel ha anche dato alcuni buoni consigli per il dopo gara o per quando si è in macchina e si sta tornando a casa.
In primo luogo, quello non è il momento giusto per parlare di una brutta prestazione.
Parliamo di come è andata dopo 24 ore per avere una visione più fredda ed obiettiva.
Quando si viene via da una gara andata male è il momento perfetto per dire:
- “mi piace guardarti nuotare”
- “Hai fame? Dove vorresti andare?”
In questo modo ci mettiamo nella condizione di apertura all’ascolto. Se nostro figlio avrà voglia sarà lui a parlare delle sue sensazioni.
Nel frattempo, offriamoli ciò che lui si aspetta dai propri genitori: amore, sostegno ed empatia.