In questi tre anni tante volte mi sono soffermata ad osservare il mio piccolo nuotatore mentre si allenava. Ho provato spesso a nascondermi, dietro i vetri che separano la piscina dalle gradinate e tante volte non ci sono riuscita, cogliendo il suo sguardo che anche attraverso gli occhialini cercava il volto confortante della mamma.
Non sempre è stato facile, ma ogni giorno mi sono accorta che stavo realmente contribuendo a formare un pezzettino del suo puzzle, di quella miriade di tessere che comporrà ciò che lui diventerà da grande.
Non ho tutte le risposte alle domande che mio figlio mi pone tutti i giorni. A volte devo ricercare insieme a lui i perchè, e mi rendo conto che insieme stiamo crescendo, che lui mi arricchisce più di quanto gli anni che ci separano abbiano arricchito me.
Il nuoto potrebbe sembrare un investimento difficile da sostenere. Non mi vergogno ad affermare che da quando questo sport fa parte della nostra quotidianità ho dovuto rinunciare a quelle piccole concessioni che una donna si regala. Ho dimenticato l’ultima volta che sono andata dal parrucchiere, o che ho comprato un paio di scarpe col tacco o un vestito in una boutique, ma posso descrivere con novizia di particolari l’ultima gara di mio figlio alla quale ho assistito.
Ricordo ogni passo dalla camera di chiamata al blocco. Ho stampate nella mente le dita del suo piedino destro che afferrano il blocchetto di partenza e quelle braccia che con forza si staccano dalla superficie e puntano dritte verso l’acqua. In quel momento preciso si apre una voragine nello stomaco, ti assalgono i brividi mentre ripensi a quanto era piccolo tra le tue braccia e a quanto ti sembra ancora così piccino, mentre vola dentro l’acqua.
Che sia solo una vasca, oppure 4 ovvero otto, poco importa: quegli attimi ricchi di tensione, orgoglio e preoccupazione nessuna altra cosa al mondo potrà darteli. E’ un giro sulle Montagne Russe, quando il carrello si avvicina lento al punto più alto e trattieni il fiato prima di cadere a picco. Torni a respirare soltanto quando le sue dita toccano la piastra ed il suo sguardo si gira veloce verso i numeri rossi sul tabellone luminoso. Che sia la sconfitta o la vittoria contro quei numeri, non ci si abitua mai al senso di liberazione che ti pervade.
Ecco, il nuoto mi ha regalato attimi, decimi e centesimi di secondo in cui le sensazioni sono tali e forti da essere descritte con difficoltà.
Il nuoto ha cambiato i ritmi della nostra vita. Ci si sveglia prima, si va a letto presto. Le Domeniche nelle quali sono previste gare devo tirarlo giù dal letto mentre quel suo nasino all’in su pieno di lentiggini sbuca dal piumone coperto dai suoi capelli, che lunghi sulla fronte gli coprono anche gli occhi. E’ la visione più celestiale che mi sia mai stata presentata davanti agli occhi. Mi sorprendo di quanto fortunata sia ad avere un miracolo di tal portata tra le mani ogni giorno, tutti i giorni.
Il nuoto mi ha tolto i pranzi consumati a tavola, la tranquillità di sparecchiare e di pulire tutto con magari la musica in sottofondo. I nostri pranzi ora sono vaschette di plastica preparate alle sei di mattina, con dentro qualcosa che somigli ad un pasto completo e consumato mentre in auto si corre in piscina. Un tragitto relativamente breve, nel quale tentiamo di raccontarci la mattina e di scambiarci sostegno per il pomeriggio di fatica che lo aspetta.
Il nuoto mi ha tolto il tempo libero, le ore di straordinario al lavoro. Mi ha tolto quella ricerca di perfezione e femminilità quando davanti allo specchio ricercavo il trucco e la pettinatura perfetta.
Il nuoto però per 10 cose che mi ha tolto, me ne ha restituite 100 di maggior valore. E’ diventato il mio alleato nel lavoro più duro, quello di essere mamma.
Mi ha restituito un ragazzino che ha cura e consapevolezza del suo corpo, che rispetta gli spazi degli altri e tiene gelosamente ai propri. Un ragazzino concentrato sulle cose che si devono fare, che non perde il tempo e la vista davanti ai videogiochi (non abbiamo nemmeno una console!). Il nuoto gli ha insegnato a gioire dei successi dei compagni di squadra, ad essere affettuoso ed empatico, ad abbracciare, a stringere la mano e “dare il cinque” prima di entrare in acqua.
L’emozione continua di vedere come si mette in discussione ogni volta davanti un cronometro. La concentrazione con la quale si isola dal mondo quando sa che è il suo turno. Il rispetto nei confronti dell’allenatore, la disciplina, la correttezza ed onestà con se stesso e con gli altri, come avrei potuto spiegarglielo io?
Il sorriso. Di tutti i regali che il nuoto mi ha fatto in questi anni, quello per il quale non smetterò mai di ringraziarlo è proprio il sorriso. Labbra che si aprono e lasciano vedere denti storti ma fieri; una fossetta che si forma proprio al centro della guancia, così pronunciata da aggrottare gli occhi. E’ un sorriso che si illumina davanti alla corsia, durante quei pochi secondi di riposo tra una serie e l’altra, a fine allenamento quando gioca con i compagni raccogliendo gli attrezzi e scappando nello spogliatoio, o quando fiero guarda una medaglia conquistata con tanta fatica.
Il nuoto forse non mi restituirà mai un campione olimpico e forse nemmeno un nazionale, ma mi sta costruendo un uomo, ed alla fine, da mamma, il mio più grande desiderio è di crescere un uomo.